lunedì 31 marzo 2014

Lasciate stare l'Appia

Come scrissi in altre occasioni, sono innamorato dei posti in cui sono venuto a vivere e, 37 anni son ormai.
Una delle cose che mi affascinò fu vivere di fronte ad un teatro che veniva vissuto 2000 anni fa, infatti abitavo in un piccolo appartamento dietro un albergo dove l’Appia era l’unica cosa che mi separava da un sito archeologico risalente, appunto, a 2000 anni fa.
Appia, meraviglia dell’ingegno umano. Strada che duemila anni fa ebbe il compito di facilitare le comunicazioni tra il centro Italia e la parte più orientale di questo paese.
Una strada che gli occhi del ragazzino che la videro per la prima volta elessero a meraviglia del mondo intero.
Passò il Garigliano la prima volta che aveva solamente quindici anni e camminò all’ombra di pini marittimi che avevano lo scopo di dar sollievo a chi, nei tempi antichi, si trovava a percorrerla a piedi, su carri o su carrozze, in tutti questi casi senza l’ausilio di un condizionatore d’aria.
Meravigliosa! Otorino Respighi venne ispirato dai pini che ne limitano i bordi; anche quell ragazzino avrebbe voluto esprimere il suo riconoscimento per quell’opera ma non sapeva come.
Il come si è manifestato quando, insieme ad amici, pensò di costituire un comitato per tutelare l’area che si sviluppava intorno a quella strada violentata da una sfera d’acciaio che ospitava un pentolone nucleare; si è manifestato quando l’azienda che ne dovrebbe tutelare la compattezza e percorribilità, cominciò a deturparne i contorni abbattendo numerosi di quei magnifici pini che ne sono cornice.
Quando, per modificarne la linea l’uomo pensò di raddrizzarla un po’ per poter correre più in sicurezza sulle sue automobili, salvo poi, sotterrare sotto alle nuove sezioni sostanze “non” inquinanti che però portano le autorità ad indagare quanto male è stato fatto.

Ora si manifesta con le lacrime agli occhi vedendo come, al suo materno fianco, depositano carbone nocivo a quell’uomo che la costruì.
Cosa poteva fare, quell’ex ragazzino, per fermare quello scempio?

Va sul posto e fotografa. Filma. Con il supporto di un amico giornalista, denuncia.
A Gaeta giungono navi colme di decine di migliaia di metri cubi di pet coke: un rifiuto, speciale, che un governante, per far piacere ad amici, considera semplice combustibile ma di feccia di petrolio si tratta, della feccia della feccia del mondo si parla. Sotto forma di polvere comincia ad inquinare durante le fasi di lavorazione del petrolio che lo producono come scarto; inquina quando, per essere trasportato, le navi bruciano migliaia di tonnellate di derivati del petrolio; inquina quando, con gli autotreni, a decine di migliaia, per più di vent’anni, si brucia il diesel necessario a farne girare i motori; inquina quando le gru, con enormi benne, riempiono quegli autocarri disperdendo nere polveri nel Nostro Mare; inquina quando questi camion ne disperdono le polveri lungo la strada che li conduce al punto di stoccaggio; inquina quando questi camion lo porteranno nei cementifici e nelle centrali elettriche per essere bruciato inquinando, forse, per l’ultima volta; inquina quando, nel frattempo, è entrato nei fiori rosa che stanno aperti al mondo pronti a donarci le succose pesche che porteranno quel veleno, ignare, nel loro cuore.

Cari amministratori, cosa vi ha fatto questa strada per essere così tanto seviziata?

Cari amministratori, cari controllori, non lasciate zone grigie laddove le aziende che trasportano questo inquinante si possano intrufolare: devono generare profitto per se e per chi con loro collabora. Dategli delle regole e controllate che vengano rispettate, se queste ci sono e viene controllata la loro applicazione, chi gestisce questi veleni, vedrà conveniente rispettarle e farsi remunerare anche questo impegno, ne beneficeremmo tutti, anche voi.







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